VIAGGIARE


VIAGGIO IN PRIMA CLASSE 




Un'attesa di varie ore all'aeroporto e - senza informazioni o spiegazioni tempestive, logiche o credibili della compagnia aerea - il volo fu cancellato. Sadismo, bello e buono. 

Quel poveretto era quasi distrutto. Per la fretta non aveva mangiato fin dal mattino e all'aeroporto a quell'ora bar o ristoranti erano chiusi; venivano servite solo bevande analcoliche.

Non aveva più valuta locale e i dollari USA ora non potevano più essere cambiati.

La compagnia aerea fu irritante; tutti erano nervosi; alcuni viaggiatori - i più furbi e con maggiore esperienza - cambiarono volo o destinazione; partirono comunque.

Qualcuno telefonò anche all'Ambasciata per protestare e la mattina successiva, presto, un cancelliere si fece vivo per tacitare e calmare i pochi viaggiatori ancora in aeroporto, compreso quel poveretto sempre con tante valigie e gabbia col pappagallo, acquistato qualche giorno prima.

Molti dei partenti avevano trovato una qualche soluzione al problema e si erano dileguati. Altri dovevano, comunque, prendere il volo del giorno successivo con la medesima compagnia obbligatoriamente, la sola possibilità per lasciare il paese con volo diretto per la destinazione voluta.

All'aeroporto non c'erano alberghi; fu necessario organizzare il ritorno in città dove trascorrere l'intera giornata e riposare.
La notte precedente era stata spesa, infatti, in inutili tentativi e speranze di partire pur tardivamente.

Ignorando norme e accordi internazionali, la compagnia aerea non si fece carico di alcunché ed i viaggiatori, a proprie spese, dovettero provvedere all'albergo, al vitto e al trasporto.

Il rappresentante della compagnia si rese irreperibile. Sarebbe stato letteralmente aggredito, altrimenti.

Poi, alcuni mesi dopo s'è saputo, ch'era stato trasferito. Una consolazione, che non fa diminuire, in ogni caso, le responsabilità della compagnia.

L'amico del posto, rappresentante di un'azienda milanese, cui quel viaggiatore col pappagallo telefonò, lo raggiunse attorno alle sei del mattino in aeroporto e lo condusse in albergo.

Depositati i bagagli e il pappagallo al portiere, fece togliere i doppi fogli di giornale che ricoprivano la gabbia e che facevano star buono il pappagallo, la fece ripulire, cambiar acqua e aggiungere semi di girasole e ottenne che lo tenessero e accudissero, fino alla definitiva partenza, in portineria.

In quella macchina si era in cinque ( s'erano aggiunte altre vittime della compagnia aerea, incontrate per caso in aeroporto) ed il povero viaggiatore, seduto nel sedile posteriore, teneva le gambe strette e su queste la gabbia. 

Un sacrificio da poco, considerando per altro la distanza aeroporto-città! Non poteva muovere gambe o braccia e si sentiva quasi paralizzato. Infine si fu in città, si trovò un albergo e si riuscì anche a far colazione e, poi, non appena le stanze si resero libere e furono, pur sommariamente, sistemate, ci si riposò. La sera, all'ora prevista, si ritornò all'aeroporto; tutto filò liscio.

L'amico locale si rivelò un vero santo. Li riaccompagnò e li riempì di ulteriori attenzioni. Il decollo fu quasi anticipato , tutto andava bene, ma i passeggeri erano, davvero, pochini. L'aereo era semivuoto.

A quel viaggiatore fu assegnato - finse di non sapere bene perché - un posto in prima classe ed anche al pappagallo fu riservato lo stesso trattamento; occupò la poltrona contigua.

L'animaletto fu tranquillissimo anche in volo.

Forse era grato per il riguardo, perché viaggiava in prima classe!

 

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Via da La Paz