MAGNETISMO E IMPREVISTI


LA LEGIONE STRANIERA 



Con l'amico del tempo, Duccio, cui lo accomunava una sorta di ribellione giovanile, un'insofferenza tipica dell'età, inasprita, forse, dall'ambiente, Enzo, il futuro avvocato, chiese il rilascio dei passaporti. 

Predisposero fotografie, riempirono moduli, presentarono le autorizzazioni dei genitori, costruite ad arte per l'occasione visto ch'erano minorenni, e quant'altro richiesto o necessario.

Consegnarono il tutto e attesero. Una quarantina di giorni, dissero al Commissariato, era il tempo medio necessario per ottenere il passaporto.

Viene in mente, ma non c'entra per nulla, la quarantena e rimasero come in quarantena.

In questo periodo, durante la quarantena, studiarono un po' di più a scuola e non diedero motivo di lamentele, in famiglia o fuori di questa.

Nel frattempo risparmiavano soldi, quei pochi che riuscivano a procurarsi, e sognavano, facevano progetti.

Pregustavano avventure, affermazioni, ricchezze, donne, esperienze interessanti, viaggi e gloria con la Legione straniera, in Africa, il mitico continente del loro avvenire, del loro futuro.

Soffrivano quasi in anticipo di mal d'Africa!

Trascorse molto più di un mese e tutto filava liscio. Nessun problema. La meta sembrava sempre più vicina, raggiungibile, facile, ormai prossima; mancavano pochi giorni ai quaranta.

Le cose non andarono per il verso giusto, tuttavia.

Per coincidenza o per diffidenza della Polizia nei confronti dei due ragazzi? Non si sa.

Un pomeriggio, s'incontrarono al bar il poliziotto preposto ai passaporti ed il papà di Duccio. Bevvero il caffè e parlarono di sport, come al solito. Poi il poliziotto informò il padre di Duccio che i passaporti erano pronti.

Si potevano ritirare, anche l'indomani.

Il papà di Duccio, all'oscuro di tutto, mangiò la foglia e rassicurò il poliziotto: avrebbe avvertito i ragazzi, Duccio ed Enzo.

Un breve incontro fra i due genitori fece scoprire la tresca; i passaporti furono confiscati e per qualche tempo, furono controllati i movimenti e quasi ogni respiro dei rivoltosi.

Poi la situazione ritornò, per forza di cose, normale.Comunque, i due ragazzi dovettero dare un definitivo addio ai loro sogni, all'Africa ed alla Legione.

Fu il metodo migliore per risolvere il problema?

Si può rispondere senz'altro negativamente per quanto concerne i due.

Se qualcuno tenta di andar via è il sintomo di un disagio, indica che non sta bene dov'è, che non vive in armonia con gli altri, che non ha sufficiente libertà o, ancora, soffre per una infinità di altri motivi.

La prima cosa da fare, quindi, sembra sia quella di capire, cercare le cause, discutere.

Si può comprendere, per altro, l'estrema riluttanza o l'opposizione ad assecondare scelte del tipo Legione straniera da parte dei genitori; è corretto, tuttavia, consentire che si manifestino nei giovani liberamente opinioni e scelte, diverse da quelle auspicate dai genitori, sulle quali confrontarsi senza pregiudizi, con lealtà e libertà.

Impedire o uccidere, prim'ancora che nascano e prendano corpo, manifestazioni di disagio e sensi di ribellione con metodi e atteggiamenti totalitari non risolve i problemi; crea invece ulteriore ribellione, senso di castrazione ovvero entrambe le cose.

Il senso di protezione, responsabile, benpensante ed egoista di alcuni genitori, deve incontrare limiti di fronte a diverse opinioni, volontà o scelte dei figli; altrimenti il genitore rischia di trasformarsi nel classico padrone e determinare il peggioramento del quadro psicologico complessivo degli interessati, con conseguenze immaginabili.

In definitiva, forse, meglio la Legione che la preclusione categorica di potervisi arruolare.

Il potervisi liberamente arruolare include, infatti, la scelta contraria, quella di decidere di non farlo.

Erano minorenni, senza esperienza, incoscienti ed avventati così s'immagina che i genitori di Enzo e Duccio giustificherebbero ora le loro decisioni.

Ma il problema non è e non era quello dell'età, dell'inesperienza e simili o soltanto questo; era e rimane, invece, quello dell'impostazione corretta ma non facile del rapporto genitori-figli.

Il primo dei due ragazzi d'allora, Enzo, ha già speso i giorni e il tempo del suo vivere e non ha fatto esperienza di Legione in senso letterale ma ha vissuto a sufficienza i contenuti legionari della vita.

Il secondo ha famiglia; lavora in ufficio e non ha nemmeno voglia di rimestare il passato, preso dalla pressante quotidianità di cui spesso si colora l'esistenza; continua tuttavia e cerca di ricordare, nitidamente, quel tentativo non riuscito di libertà, disperandosi.

 

torna all'indice

AIDS