MORIRE O VIVERE


SEDICI APRILE



presto nella mattinata, a quarantun anni appena compiuti, muore una donna. Capelli nerissimi con sfumature blu ed occhi grandi ed azzurri, magra, non altissima ma bella e interessante; dopo una lunga malattia, di natura imprecisata, che la costringe a letto per più mesi conclude la sua esistenza. Ha quattro figli. Ha una bella e grande casa; è felice, da tutti benvoluta; gli anziani genitori e le sorelle l'adorano ed anche marito e figli. È il 16 aprile del Cinquanta.

La sera precedente, nella piazza antistante la casa dove la donna è già agonizzante, un noto politico del tempo tiene un comizio affollato anche perché ha luogo nella sua città natale; informato, prega i presenti di non applaudire rumorosamente, per ovvio riguardo verso chi è in fin di vita.

L'affetto dei quattro figli, quello del marito, di genitori e parenti, di tantissimi amici e conoscenti non riesce a vincere la malattia; la sua morte puntuale e ineluttabile modifica radicalmente la condizione e l'evoluzione della famiglia.

Proprietà e benessere materiale si assottigliano notevolmente; la serenità scompare; la vita quotidiana è un inferno; le incomprensioni sono in tutte le direzioni, tra figli e genitore, tra figli e matrigna, tra il padre dei quattro figli e la sua seconda moglie.

La disgregazione è la regola; tentativi di affermazione o di ribellione vengono soffocati con la forza; si salvano appena le apparenze ma le sofferenze scavano segni indelebili, profondi; gli oppositori vengono costretti al silenzio.
Appena può, ciascuno dei quattro cerca la sua strada e, malgrado tutto, si riesce, ci si afferma; si è pure invidiati. Si continua a vivere; più facile del morire?

Qual'è il prezzo della riuscita? Elevatissimo; va pagato giorno per giorno con impegno, sacrifici, umiliazioni, sradicamento, isolamento, solitudine, amarezza, disperazione o quasi follia, anzi creatività, che può essere più che un sinonimo la stessa cosa.

 

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Pura follia o vero amore ?